Chiesa di Santa Maria

Cenni storici

Questa chiesa era originariamente romanica, ma dall’antica struttura, dopo i vistosi rimaneggiamenti del Cinque e Seicento, restano solo il campanile e alcuni archetti pensili isolati nel corpo della costruzione. È notizia sicura che Santa Maria era un antico priorato benedettino, appartenente al monastero di San Pietro di Lodi, che aveva pure beni a San Martino. La chiesa è nominata per la prima volta in un documento del 16 settembre 1518. Negli anni successivi, l’opera del tempo, aggravata dall’incuria degli uomini, provocò un pesante degrado architettonico.
Nel 1587 i Somazzi poterono cedere la chiesa alla neocostituita Confraternita del Santissimo Sacramento. Negli anni 1616-1617, la Confraternita provvide a ridare dignità alla chiesa ricostruendola e più tardi venne riedificato il campanile.

Esterno

La facciata a capanna, spoglia e dimessa, è abbellita da una finestra trifora.
A sinistra si eleva il campanile forse risalente al XII secolo, ma ripetutamente riattato nel corso del tempo. Sotto la cella campanaria seicentesca sta la primigenia struttura romanica: grossi conci di arenaria, ben squadrati, si sovrappongono in perfetto allineamento gli uni sugli altri e culminano in bifore eleganti, sorrette da colonnine con capitello unghiato. Caratteristici del romanico sono gli archetti pensili, analoghi a quelli che decorano la facciata meridionale della Chiesa di San Martino.

Interno

Possiede una sola navata, coperta da una volta a botte che è stata affrescata dal pittore milanese Angelo Sala, esule a Mendrisio nel 1848: dentro un’inquadratura architettonica che imita con ammirevole perizia le vergature dei marmi, spicca un cielo stellato dai vivaci colori e angeli così delicati da sembrare angiolesse che disegnano voli sinuosi.
A destra, subito dopo la porta d’ingresso, l’epitaffio con stemma familiare, dedicato alla figlia del landfogto Grimm, deceduta ancora bambina nel 1632.
Dopo la lapide, si trova la cappella di San Carlo. Eretta nel 1656, questa cappella attira l’occhio per la forma della sua cupola, che non è circolare ma ellittica.
La cupola è ornata con preziosi stucchi. L’altare della cappella parla un linguaggio decisamente più austero nelle sue colonne nere con i capitelli dorati. In alto, spicca lo stemma dei Torriani sorretto da due putti.
Nella nicchia, la statua seicentesca di Agostino Silva (1620-1706) raffigura San Carlo Borromeo.
Ancora San Carlo è il protagonista delle storie che Giovan Battista Bagutti (1742-1823) ha affrescato nei lunettoni della cappella sul finire del Settecento.
Ancora la cappella di San Carlo ospita la Madonna del pianto, statua seicentesca di autore ignoto. L’opera è ammirevole per la suggestione emotiva che riesce a suscitare.
L’altare maggiore della chiesa, di stucco bianco e oro di foglia, mette in mostra una bellissima pala raffigurante la Natività della Vergine: è la copia esatta (o addirittura la replica) di un dipinto che si trova nella chiesa comasca di Sant’Agostino e si deve al pennello di Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone (1571-1626).
Grazie all’ottimo restauro di Silvano Gilardi, il quadro, prima rovinato e illeggibile, lascia vedere tutti i suoi pregi.
I due affreschi sottostanti le finestre del coro sono pure ascrivibili alla cerchia del Morazzone. A destra si trova la Visitazione, a sinistra la Presentazione di Maria al tempio. L’ampio ventaglio di testimonianze morazzoniane è completato nel coro dai dipinti della volta: in mezzo, dentro una medaglia, sta un’animata Incoronazione della Vergine, affiancata a destra dalla Discesa dello Spirito Santo e a sinistra dall’Assunzione.
Attorno all’altare sono affrescate le immagini simboliche con cui la Sacra Scrittura e le litanie popolari sono solite inneggiare poeticamente alla Vergine.