Il Rosario in famiglia

Pubblicato giorno 2 maggio 2020 - In home page

Albrecht Dürer, Festa del Rosario, olio su tavola (162×195 cm), 1506,
Praga, Galleria Nazionale

Carissimi, vi offriamo una riflessione del Cardinale Angelo Scola, Arcivescovo emerito della Diocesi di Milano (22-04-2020).

Personalmente devo dire che ho compreso di più la natura del Santo Rosario – che anch’io come molti di voi recitavo fin da bambino in famiglia – un pomeriggio dell’ autunno di un bel po’ di anni fa ormai, quando insegnavo a Friburgo, e sono passato da casa mia per salutare i miei genitori.

Arrivato sulla porta del piccolo appartamento in cui i miei abitavano, ho visto che la cucina, che faceva un po’ anche da luogo di vita, perché il resto erano due piccole camere, era al buio. Sono entrato, istintivamente ho acceso la luce e ho chiesto alla mia mamma che era seduta in un angolo vicino alla stufa: “Ma perché non hai acceso la luce?” E lei mi ha risposto: “Ma per leggere il libro che io sto leggendo non ho bisogno di luce”. Stava dicendo il Rosario.

Questo piccolo episodio mi colpì perché mi fece percepire la potenza della preghiera del Rosario. Anzitutto la sua caratteristica di altissima popolarità.

Ogni persona, fin da bambino, come eravamo abituati da ragazzi, poteva partecipare a questa preghiera che ha un valore potentissimo perché in qualche modo concentra tutti i misteri della nostra salvezza nella Persona e nella storia di vita di Maria Santissima, a partire soprattutto dal grande avvenimento dell’Annunciazione dell’Angelo.

Quindi ho capito che il Rosario è una preghiera di popolo e il suo ritmo ripetitivo facilita questo dato.

Una seconda cosa che mi è venuta da quel piccolo episodio è che il Rosario può essere la forma di preghiera più adatta alla “chiesa domestica”, cioè alla famiglia come luogo in cui si deve realizzare il rapporto stabile con Gesù, con la Vergine Santissima, con i Santi; rapporto che deve produrre una novità di relazione, e deve consentirci di amare l’altro per l’altro arrivando fino al perdono.

Io ho più volte definito questa preghiera domestica come l’ “avvenimento della Chiesa nella casa”, quella che appunto fin dall’antichità veniva chiamata “Chiesa domestica” e che il Concilio Vaticano II ha raccomandato, ma che purtroppo stenta un pochino  a realizzarsi e a verificarsi.

Ma c’è un ultimo elemento  cui voglio accennare; ed è che attraverso il Santo Rosario e la meditazione ripetuta, nello scandirsi delle Avemarie e dei Misteri, noi impariamo che Maria è Colei che ci porta a Gesù, manifestando in questo modo tutto il genio femminile, come lo chiamava San Giovanni Paolo II.

In un certo senso si può dire che da lì, soprattutto le donne, debbono imparare a portare i figli al Padre. La modalità della relazione della mamma col figlio deve trovare la sua espressione più evidente e più capace di generare la famiglia nell’accompagnamento al rapporto del bambino con il Padre.

Questo è veramente un elemento di cui le nostre famiglie di oggi, spesso in difficoltà affettiva, hanno grande bisogno.

Queste cose volevo dirvi in modo semplice e di tutto cuore.