Tutti siamo equipaggio nella Chiesa di Gesù

Pubblicato giorno 10 giugno 2020 - Senza categoria

Riflessione – XI Domenica del Tempo Ordinario

Il contesto sociale e culturale in cui noi cristiani viviamo è un ambiente inquinante, non tanto per il Covid19, rivelatore di tanti altri inquinamenti, in quanto rende la vita spirituale di fede-speranza-carità difficile da vivere. Noi cristiani ci siamo lasciati plagiare dallo spirito del mondo che scardina e rode dal di dentro il senso dell’APPARTENERSI come comunione di persone dentro la comunità di Gesù, che è la Chiesa.

Anche in questa domenica le letture della parola di Dio richiamano il nostro essere POPOLO SACERDOTALE, APPARTENENTE AL SIGNORE, chiamato a servire Lui nel culto e nella vita fraterna, con quello spirito di servizio che Gesù ci ha insegnato. Gesù ci ha riconciliati al Padre perché noi fossimo proprio suo POPOLO SANTO.

La vicenda storica bimillenaria dei cristiani mi ricorda che è molto antica, che comincia molto tempo prima di Cristo. La parola divina sulla storia mi dice che siamo dentro un piano storico di salvezza voluto da Dio anche attraverso la nostra collaborazione. Yves Congar, grande teologo del Concilio Vaticano II, scrisse: “Nella barca della Chiesa siamo tutti equipaggio e nessuno è passeggero!”. Che bello! Anche se non afferma che la Chiesa debba essere democrazia diretta, oppure assenza di autorità che serve, è un richiamo al vangelo nudo e crudo. Gesù chiama ad essere comunità e missionari del vangelo, quindi nessuno può né deve dire “non tocca a me fare dei servizi in comunità”. Gratis ho ricevuto il dono della fede, gratis devo diffonderla. Sul senso dell’essere Chiesa di Gesù noi cristiani abbiamo una preistoria: le nostre radici nell’unico Dio vengono dai fratelli ebrei. Abbiamo una storia: l’essere cristiani ha fondamento in Cristo Gesù.

Io cristiano devo confrontarmi con il passato remoto per sapere come essere missionario oggi: quindi non posso dimenticare Abramo, patriarca fondante Israele, oltre 4000 anni fa; Mosè oltre 3300. Nell’antico Israele sta la nostra dignità che Dio ci dona. “Sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Una nazione che s’impegna a vivere l’appartenenza a Dio e l’appartenenza reciproca, le proprie radici antiche di fede e di civiltà. MA qual è l’impegno? “Se vorrete ascoltare la mia voce e custodire la mia alleanza…”. Ecco l’impegno! Se questo non c’è, non lo si vive, o lo si fa quando “mi sta bene così” allora ho ragione di lanciare un grido alla comunità di Presenza Sud e in Parrocchia: “CHI SIAMO? DOVE STIAMO ANDANDO?” Potremmo anche dire: “ma chi ce la può fare a vivere come vuole il Signore?”

Elia profeta ci risponde con una immagine caricaturale: “Fino a quando zoppicherete da entrambi i piedi?” (1Re 18,20) Come dire: se non si vive la Parola, limitandosi solo ad essere eruditi sulla parola di Dio, non si cammina, non si vive come popolo dell’alleanza!

Io cristiano devo confrontarmi con il passato prossimo, che è Gesù. Le mie radici sono in lui, perché da lui sono chiamato ad esistere: è l’Alfa – il Principio. A lui ritorno: è l’Omega – il fine ultimo del mio esistere. Mi chiama a guardare il mondo attorno a me, sulla gente, con i suoi occhi: avere compassione della folla. Organizza i suoi anche oggi: sempre una bella combriccola! Pescatori, esattori, sicari, terroristi, traditori…ma nel regno dei cieli c’è posto per tutti.

Io cristiano devo confrontarmi con il futuro in pienezza di vita!

Tutti siamo sempre equipaggio nella Chiesa di Gesù e il viaggio della vita non può correre il rischio di perdersi nel nulla.

don Gianfranco