Il mattino di Pasqua

Pubblicato giorno 12 aprile 2018 - Senza categoria

 Eugène Burnand, (Moudon, 30 agosto 1850 – Parigi, 4 febbraio 1921), Les disciples Pierre et Jean courant au sépulcre le matin de la Résurrection, 1898, olio su tela, 82×134 cm, Museo d’Orsay, Parigi.

La corsa al sepolcro di Gesù, il mattino di Pasqua, dei due discepoli Pietro e Giovanni – così realistica nell’immagine riprodotta qui – dice tutto il desiderio di quegli uomini: la morte era stata l’ultima terribile parola, la distruzione di tutto; come se avesse fatto diventare sogno svanito la realtà di quei tre anni passati insieme a Lui, testimoni ogni giorno di fatti dell’altro mondo e uditori di parole di vita eterna. Sulla croce aveva detto “Tutto è compiuto“, ma per loro tutto era finito, la loro stessa vita era finita, piombata nella disperazione del nulla, nel vuoto di chi aveva avuto la certezza di toccare Dio con le mani ed improvvisamente si sentiva tradito nella speranza e nell’attesa impegnate con quell’uomo così straordinario. Avevano lasciato tutto per Lui, perché valeva più di tutto. Dove potevano andare? Cosa fare della vita ormai spesa inutilmente?

Ma il grido di Maria di Magdala fa sorgere nei loro cuori una nuova speranza, la possibilità che sia vero l’impossibile. Bisognava andare a vedere, a toccare con mano che cosa era accaduto. Che cosa c’era nel loro cuore, nella loro mente in quella corsa che non lasciava fiato? Tutta l’attesa dell’uomo, di ogni uomo. Tutta l’ansia e l’aspettativa di ogni tempo. Nel volto di quegli uomini trafitti nel cuore, ma ancora umani, desiderosi di vivere, attaccati alla bellezza cercata per la propria vita, c’era la passione mia e tua. Arrivarono lì dove tutto doveva sapere di morte e di silenzio, ma quei pochi segni parlavano, gridavano un ordine fatto da una mano senza fretta di scappare. “E videro e credettero”. Lì c’era una pace che parlava di vita. Tutte le Sue parole diventarono piene di un senso nuovo, definitivo, non più sotto il rischio del dubbio: tutto di Lui diventò vero in quell’istante e tutto di loro venne preso, trasformato, rifatto completamente nuovo da una bellezza che non aveva colore, se non quello ricco delle infinite sfumature di quel Dio di cui Lui era sempre stato il volto visibile, lo sguardo pieno di tenerezza e di perdono sulla loro umanità trafitta e peccatrice. Non c’era più nulla da cercare o da attendere: lì tutto si era compiuto, la loro vita, la storia a cui appartenevano, l’umanità di cui erano fatti e poi tutta la storia che da lì sarebbe iniziata, tutta l’umanità che da quel fatto sarebbe stata incontrata e salvata.

In quei pochi segni di risurrezione, composti dalla mano tenera e paterna di un Dio che non vuole sconvolgere l’uomo con il rumore (dei teli funerari sciolti da un corpo che aveva preso vita ed un sudario non gettato, ma delicatamente “avvolto”, riposto “in un luogo a parte”), nel silenzio pieno di Presenza e di Vita di quel luogo c’era l’inizio di una storia di martiri e di santi, di confessori della Fede e di vergini, di consacrati nell’amore fecondo che dà figli alla Chiesa e di uomini che tutto lasciano per dire di Lui al mondo.

Il volto di Simon Pietro e di Giovanni diceva tutto quello che c’è nel nostro cuore: anche noi corriamo per cercare, là dove pensiamo che si trovi il Signore, qualche segno di Lui, forse anche Lui stesso. E nell’umanità della Chiesa, telo e sudario del Suo corpo, vive tutta la verità della sua risurrezione, tutta la speranza della nostra umanità, tutta la bellezza di una vita che ci è data perché sia spesa vedendo i segni di Lui nella Chiesa stessa e nel credere, cioè nel compiere opere che dicano che Lui è vivo. Solo così la sua presenza discreta si farà sempre più visibile ai nostri occhi desiderosi. L’augurio è che la vicenda di Pietro e Giovanni sia realtà oggi per te! Buona Pasqua.

don Claudio