5 ordinaria – Amici della Parola Vangelo: Mt 5,13-16

Pubblicato giorno 3 febbraio 2023 - Senza categoria

 

Oggi Gesù ci chiede di essere sale e luce!

Il sale nella storia umana non è solo una merce di scambio e di guadagno. È entrato anche nell’ambito dell’alleanza politica e anche religiosa. Spargere sale sulla pergamena di un trattato aveva questo significato! Il sale, che conserva gli alimenti, diventa simbolo della conservazione di ciò che vale e merita di durare. Chi diventa amico di Gesù, suo discepolo, ha il compito di preservare ciò che alimenta la vita sulla terra in quelle cose che meritano di durare. “Vale ciò che dura e dura ciò che vale”! Abbiamo questa consapevolezza in quanto cristiani dentro questa società “liquida- ondeggiante e dispersiva?” Poi Gesù mette lì una frase dura e severa: Ma se il sale perde il sapore…. Tutti noi possiamo perdere il vangelo della vita! Non è che la nostra testimonianza da cristiani, almeno nell’Occidente che si ritiene saggio ed evoluto, non è che non c’è più perché noi cristiani abbiamo perso il sapore robusto che ha il sale del vangelo? Padre David Maria Turoldo, nei confronti della Chiesa apparato, istituzione rigida, diceva. “Mia chiesa amata e infedele, mia amarezza di ogni domenica”.

Gesù raddoppia la metafora del sale con quella della luce. Ci chiede di vivere due sensi ben diversi: il gusto e la vista. L’umiltà del sale e della luce che non attirano l’attenzione su di sé, non si mettono al centro, ma valorizzano ciò che incontrano. Così deve essere la Chiesa, noi cristiani. Siamo chiamati noi cristiani a vivere il movimento discendente, come un perdersi della luce sulle cose e del sale dentro le cose, come il lievito nella farina. Dobbiamo vivere l’incarnazione, far nascere e crescere la vita fra noi, come ha fatto il Figlio di Dio facendosi uomo. Cristiani veri dentro l’umano essere ed esistere. Giovanni Vannucci ha scritto:

“Se mi chiudo nel mio io, pur ornato di tutte le virtù, e non partecipo all’esistenza degli altri, se non sono sensibile e non mi dischiudo agli altri, arrischio di vivere in una situazione di peccato”. Così può essere la Chiesa intera quando fa di sé un fine, dimenticando che deve essere solo un mezzo per rendere più buona e più bella la vita delle persone, dando sapore e bellezza la mondo.

Abbiamo questa consapevolezza? Mi lavo le mani come Pilato o le metto dentro l’umano per impastare, impregnare di sapore e di luce gli altri qualificando la vita?

Don Gianfranco Quadranti