4 quaresima C – Amici della Parola Il Padre buono e i figli

Pubblicato giorno 25 marzo 2022 - Senza categoria

E’ la parabola più bella del vangelo. Gesù ha messo al centro il Padre, figura del Dio-Mistero, Dio-Amore, Dio-Misericordia, Dio-Perdono. La predicazione clericale l’ha spesso lasciato in seconda linea

In prima linea si è fatta avanti la predicazione moralistica sulla figura del figlio minore. Siamo tutti come lui, peccatori, opportunisti, sfruttatori. Quindi deve pentirsi, confessarsi con l’elenco preciso dei peccati. Non importa la gratuità dell’amore perdonante del Padre. Anche qui moralismo e meno senso evangelico del Dio che per primo sempre perdona chi riconosce “Sono peccatore”, punto e basta! Oggi nel clero  ci si lamenta che i cristiani cattolici non si confessano più. Giusto? Secondo me non è giusto questo lamento. Perché è la logica conseguenza di una modalità di gestione del “confessarsi” che puzza più da tribunale che da abbraccio. Dove chi assolve ha più la toga del procuratore pubblico che della fiducia ridata a chi si confessa se non ha fatto tutta la lista dei peccati. Si continua sui comandamenti, i dieci, certamente necessari per esaminarsi, ma non dai quali dipende il perdonare. Lamentarsi ?  E’ logica conseguenza di non aver incarnato il modello del padre di questa parabola. Sarebbe bello andare dal sacerdote dirgli “Ho sbagliato su questo aspetto della mia vita, sono pentito, riparerò come posso, ma voglio il perdono! E il sacerdote, nel gesto affettivo che più crede opportuno o con la parola confortante, lo riammette dentro la comunità della Chiesa, dalla quale è uscito peccando. Mi sembra un sogno ritornare a questa modalità. Confessori così, mai esperti nel tirarsi la zappa sui piedi e invece di fare lamento sul penitente farlo su se stesso.

Mai ci si è fermati alla figura del fratello maggiore, che rappresenta la maggior parte dei cristiani di etichetta, che stanno solo a guardare, criticano e non aiutano, esigono e danno pochissimo alla Comunità parrocchiale. Che amarezza!

Ricordo un testo di Don Primo Mazzolari ,”La più bella avventura” (1934) su  

*I TORTI DEL FIGLIO MAGGIORE*

“ Quali sono?  Ha diversi altri parenti nel vangelo: – il fariseo che si mette davanti, quando si reca a pregare al Tempio, lodandosi della sua superiorità rispetto al pubblicano; – il figliolo che dice sì, ma poi non va lavorare nella vigna; – il lavoratore che inizia la sua giornata il mattino presto rispetto a quanti invece lavorano meno di lui. Che cosa non ha capito il fratello maggiore? Che stare nella casa del padre è una fortuna grande, è già un premio che non ha bisogno di altre gratificazioni. «Tu sei sempre con me e ogni cosa mia è tua». Sta in casa, ma invidiando chi se ne è andato. Sta in casa, ma guarda fuori della finestra. Quanti cristiani, cominciando dai praticanti, stanno a guardare, pretendono che il prete faccia ma da solo, criticano senza dare una mano, pretendono senza dare aiuto finanziario alla Comunità. Forse è già troppa la tassa parrocchiale? Il fratello minore è per lui un estraneo, è quello non frequenta, non va in chiesa, quindi non mi devo preoccupare.  Troppo benpensante e perbenista, per essere anche sensibile. Il cuore è duro: è la sclerocardia. La Comunità parrocchiale sarebbe diversa se riuscissimo ad essere persone del “dovere”, ma per amore e con amore! “

Don Gianfranco Quadranti